domenica 31 ottobre 2010

Panico al villaggio

C’era una volta, in un villaggio di nome Villaggio, un cavallo di nome Cavallo, che viveva con un cow-boy di nome Cow-boy e un indiano di nome Indiano. È il 21 giugno, il compleanno di Cavallo, e i suoi due compari pensano bene di ordinare 50 mattoni per costruirgli un barbecue. Peccato che, tra un gioco e una distrazione, l’ordine on line parta pieno di zeri e il Villaggio si ritrovi invaso da 50 milioni di mattoni, che fanno particolarmente gola a dei piccoli, imprendibili ladri notturni.
Non è un caso che il bellissimo film del duo di animatori belgi Vincent Patar e Stéphane Aubier si ambienti in un paese non meglio identificato ma in un giorno precisissimo, il primo giorno d’estate. È la sola coordinata che serve per fissare la rotta, l’inaugurazione di un tempo di gioco e di libertà, di aria aperta e di tuffi. Patare Aubier non si fanno mancare niente di tutto questo: i loro soldatini con la base, personaggi di una fattoria davvero universale, che ha abitato ogni casa del mondo, continuano le loro scorribande nonostante i bambini non li venerino e non li muovano più, un po’ come i giocattoli di Toy Story ma senza rimpianti, spassionatamente incoscienti. Dei bambini non c’è traccia alcuna, eppure il mondo intero del film è governato da regole e tempistiche che appartengono indiscutibilmente all’universo del gioco infantile
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